Dedichiamo questo spazio al commento di un interessante film recentemente uscito nelle sale cinematografiche, dal titolo "The giver - Il mondo di Jonas", tratto dall'omonimo romanzo di fantascienza distopica per ragazzi, di Lois Lowry (1993).
IL FILM.
Con
l’intento di salvaguardare l’essere umano da se stesso e dai propri istinti che
l’hanno condotto quasi alla distruzione, il gruppo degli Anziani ha creato una
società utopistica, in cui non esistono diversità, non esistono cambiamenti,
non esistono emozioni. Ogni persona della comunità vive senza alcun tipo di
problema o pensiero: non ci sono malattie, non ci sono morti, non ci sono
contravvenzioni. Tutto scorre come prestabilito, inscatolato all’interno di
regole utopisticamente perfette.
E’
compito di un solo uomo, chiamato il donatore, custodire le memorie
dell’umanità, tenendole lontane dalla comunità e, al momento giusto, tramandare
il compito ad un nuovo giovane custode, Jonas, il cui ruolo sarà quello di
prendere su di sé un enorme fardello.
Il
film si concentra proprio su questo personaggio, a cui viene assegnato tale
compito nel momento più importante della sua vita, il dodicesimo anno di età,
che sancisce attraverso una cerimonia l’iniziazione verso la vita adulta.
Egli,
nuovo raccoglitore di memorie, entrerà in contatto con ciò che è stato
estirpato alla società: le emozioni e i sentimenti. Tutto ciò provocherà una
ribellione del ragazzo, dentro di lui e successivamente verso una società percepita
ora come totalitaria, nel tentativo di cancellare ogni traccia dell’anima
dell’essere umano.
COMMENTO.
Il
film offre moltissimi spunti di riflessione, a partire dalla descrizione di una
società che tenta di omologare tutto e tutti controllando l’intera comunità: in
un certo senso è un po’ ciò che accade nella società odierna, che spesso mette
all’angolo la vera libertà individuale e la scelta di essere “diversi”. Qui, un
caposaldo del film: all’interno di una società di questo tipo, il libero
arbitrio viene eliminato e così facendo ogni essere umano perde la propria
unicità. Perché? Perché un mondo pieno
di colori e possibilità di scelta offre infinite sfumature e non può essere
controllabile: questo è un rischio.
Leggendolo
da un’altra prospettiva, potremmo dire che, un po’ come succede a Jonas, anche
noi diventiamo adulti quando entriamo in contatto con ciò che c’è di più vero:
le emozioni come l’amore e la speranza, ma anche il dolore e la rabbia.
Del
resto, questo film parla un po’ di ognuno di noi: anche noi tendiamo, a volte,
a farci “un’iniezione” che ci sterilizzi dalle emozioni che ci fanno paura e
così facendo cerchiamo di mantenere il controllo sulla nostra vita.
Potremmo
però dire anche che dentro ognuno di noi vive un “raccoglitore di memorie”, le
quali sopravvivono nonostante i nostri tentativi di resettarle o tenerle
lontante. Qui un ulteriore messaggio del film: soltanto entrando in contatto
con le nostre emozioni più profonde e accettando i ricordi che ci appartengono
potremo “vedere” in modo più autentico noi stessi e il mondo in cui
viviamo.
Entrare
in contatto con le emozioni e i ricordi scomodi e più dolorosi significa certo
caricarsi di un grande fardello, proprio come succede a Jonas. Ma questo
porterà inevitabilmente con sé un grande cambiamento: ritrovare veramente se
stessi e non esserne più schiavi.
Forse
ognuno di noi, e con ciò concludo, dovrebbe trovare il coraggio di Jonas per
superare le proprie trappole interiori e liberare se stesso dalla prigionia di
un a volte eccessivo controllo.
Dr. Giovanna Olivero
Psicologa Psicoterapeuta
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